L’impresa familiare va specificata in dichiarazione (articolo estratto dall’inserto di Economia del CORRIERE ROMAGNA del 3 giugno 2020) 03_06_2020 Quotidiano NG 0306 cronaca 28 Cronaca Nazionale
In tema di imposte sui redditi, i proventi derivanti dall’esercizio di un’impresa familiare vanno imputati ai singoli partecipanti a condizione che sussistano i presupposti giuridici indicati dall’art. 5, comma 4, del d.p.r. n. 917 del 1986 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi) per la qualifica di questi ultimi come collaboratori familiari, ossia l’indicazione nominativa dei familiari partecipanti all’attività di impresa, le quote loro attribuite, nonché l’attestazione, nella dichiarazione annuale di ciascuno dei partecipanti, di aver lavorato per l’impresa familiare. E’ questo il principio stabilito (e ribadito, trattandosi di un insegnamento ormai consolidato) dalla Corte di Cassazione con la ordinanza n. 9506/20, emessa il 15 gennaio 2020 e depositata il 22 maggio 2020. La Corte di Cassazione ha così respinto il ricorso di una farmacista siciliana, condannandola anche al pagamento delle spese di lite, liquidate in euro 5.600,00. La farmacista ricorrente, per l’anno d’imposta 2009, aveva omesso di presentare la dichiarazione dei redditi. L’Agenzia delle Entrate territorialmente competente recuperava a tassazione i redditi non dichiarati, mediante un apposito avviso di accertamento, che la farmacista impugnava dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Siracusa, chiedendo che il reddito accertato nei suoi confronti venisse ridotto in considerazione del fatto che la sua attività era stata svolta nell’ambito di una impresa familiare, cui apparteneva anche suo fratello. Il ricorso veniva tuttavia respinto sia in primo grado che in appello. In particolare, la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, Sezione Staccata di Siracusa, stabiliva che per poter chiedere la ripartizione del reddito tra gli appartenenti ad una impresa familiare occorre necessariamente indicare nella propria dichiarazione dei redditi il nominativo dei partecipanti, specificando le relative quote, a condizione che ciascuno di essi, all’interno della propria dichiarazione, attesti di aver partecipato alla impresa familiare in questione. Di conseguenza, atteso che nel caso di specie la farmacista accertata aveva addirittura omesso di presentare la dichiarazione, risultava preclusa qualsiasi attribuzione del maggior reddito contestato ad un suo collaboratore familiare. La farmacista adiva la Corte di Cassazione chiedendo, di fatto, una nuova indagine della vicenda giudiziaria, addirittura allegando in tale sede documenti che non risultavano essere stati precedentemente prodotti. In pratica, alla Corte di Cassazione veniva chiesto un nuovo esame del merito del contendere, non ammesso in sede di legittimità, dove, peraltro, non è nemmeno ammessa la produzione di nuova documentazione. Comunque sia, la Corte di Cassazione, al di là della inammissibilità della domanda avanzata in giudizio, ha evidenziato e specificato che nella circostanza in esame non vi erano margini per accogliere la tesi difensiva della ricorrente, atteso che la mancata presentazione della dichiarazione da parte della stessa impediva, a monte, di riconoscere la distribuzione del maggior reddito accertato tra i componenti della impresa familiare. La sentenza in commento rappresenta un utile monito per quanti operino mediante una impresa familiare, affinché provvedano allo scrupoloso rispetto degli adempimenti fiscali e, in special modo, di quelli dichiarativi, altrimenti risulta impossibile attribuire ai singoli collaboratori familiari il reddito d’impresa complessivamente conseguito, con tutto ciò che ne deriva, in termini di maggiori imposte, in capo all’imprenditore “fondatore”.